“Olivi verdeggianti nascono dal mare/e le compatte pietre/saldate dal
tempo/nutrono il ventre/di antiche lucertole/Ascolto misteriose voci/ che
scavano caverne/e osservo l’onda/che annega i desideri/Assorto/rimiro il Salento/dalla
finestra disegnata dal sole”: nella suggestione di queste vivide immagini, che
si snodano intrigantemente verso dopo verso, racchiudendo polposi campi
semantici, c’è l’estatica dichiarazione d’amore di Cesare Piscopo alla sua
terra. Terra magica e vera, bella e selvaggia, prepotentemente audace
nell’intensità dei suoi scorci, dei suoi profumi, del suo umido scirocco;
assortamente poetica nell’impalpabile immobilità che la avvolge nella calura
estiva, immergendola in rarefatte atmosfere senza tempo e confini. La poesia
“Salento”, è essenziale per entrare nel rapporto fra il pittore-poeta salentino
con la sua terra: non c’è solo attonita contemplazione, ammirazione sconfinata,
legame affettivo, ma c’è qualcosa in più che arriva direttamente al cuore del
fruitore catturandolo di slancio. E’ qualcosa che pervade l’incisivo spazio
della tela in cui tonalità profonde si mescolano a lucide vibrazioni di rosa e
di bianco, trionfano il giallo oro e l’arancio intenso in voluttuose stesure e
passionali spatolate, in cui il bruno caldo si accosta al luccichio delle
cromie più accese. Qualcosa che avvolge ed incanta al primo sguardo e che rende
la poesia di Cesare Piscopo nitida immagine visivamente ritmata dal fluire del
verso, la sua arte figurativa assorta dimensione poetica da gustare
emozionandosi. E questo qualcosa è l’amore-passione di Piscopo per il Salento:
ogni fibra del suo vibratile cuore pulsa all’unisono con il cielo ed il mare e,
quando egli prende il pennello, non dipinge ciò che vede ed osserva, ma ciò che
sente scorrere nelle sue vene. Più che un legame inscindibile, si scorge nel
rapporto Piscopo-Salento una sorta di simbiosi osmotica: nell’onda che
s’infrange nell’estasi del paesaggio del Ciolo, nei colori incantevoli del
tramonto sulla costa salentina, nei tratti di scogliera che si spingono fino
all’estrema propaggine di Leuca, c’è Piscopo stesso che sussulta, geme e si
crogiola, vivendo ciò che ci racconterà con i suoi colori una volta ritornato
uomo. Un amore-passione quello di Cesare Piscopo con il Salento che, ora è
abbraccio sensuale, ora fusione voluttuosa, ora sublimata idealizzazione per
rendere palpabile l’incanto profondo che dimora nel cuore.
Maria Pia Romano (Notes,1999)
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