Pennellate
dense, accese, vibranti, alternate a suggestivi colpi di spatola per raccontare,
nella sconcertante vitalità del cromatismo, nel pulsante ritmo delle sovrapposizioni
e degli intrecci, nella semplicità disarmante dei soggetti, la storia di un
amore-passione. Lo si sente gemere e gridare, poi inebriarsi d’oblio e gioia d’esistere:
è un amore che sembrava sopito ed è rinato, vivido e vero, irrefrenabile e stregante,
così struggente da vivere, così ricco da esprimere. Quest’amore che non si
controlla, che indomito e selvaggio entra nel cuore e s’impossessa di lui senza
via di scampo; quest’amore che è tutto da vivere e da gustare, nell’ebbrezza di
un sogno riscoperto; quest’amore che tormenta, perseguita, che appaga e fa
gioire, è tutto lì: nella magia di un olio su tela. Con fervore Cesare Piscopo
si è dedicato negli ultimi mesi a raccontare in versi di colore e spatola il
suo legame col Salento: terra audacemente bella nell’intensità dei suoi scorci,
nella prepotenza della sua voce che non si genuflette dinanzi al cammino della
civiltà, ma pare urlare e cantare, oggi come ieri, dalle pietre arse dal sole e
dai tronchi contorti degli ulivi secolari, dall’onda che s’infrange sulla
scogliera e dagli anfratti misteriosi della sua costa. Profondamente commosso
dalla voce del suo Sud, Cesare Piscopo ci regala suggestivi momenti
inebriandosi del sortilegio atavico che si respira nella luce e nei colori di
questa terra in cui risuonano mistiche le sonorità della pizzica-pizzica,
mentre gli animi si contorcono e si dimenano. Sembrerebbe disorientare il
repentino cambiamento del Piscopo, ma basta leggere le parole di Nicola G. De
Donno che dice che “Il travaglio della ricerca non è stato finora breve, e
continuerà, credo, quanto continuerà per Piscopo il dipingere, cioè tutta la
vita” ed afferma, poi, che il tema del paesaggio non è affatto nuovo in lui, ma
già nel 1971 Cesare Piscopo dedicò una mostra personale all’amore per la natura
premettendo una dichiarazione di poetica figurativa. Confermandoci di una
personalità eclettica e complessa, ma profondamente sensibile ed innamorato
allo spasimo delle sensazioni che la vita ci regala. Cesare Piscopo si ripropone
con la sobrietà e l’eleganza che gli sono proprie, inserendo nel suo nuovo
catalogo alcuni dei suoi brevi e preziosi componimenti in versi e senza
dilungarsi in interminabili e superflui “cenni biografici”, ma avendo cura di
riportare solo le esposizioni più recenti . Suggestiva la presentazione di De
Donno “Nota breve sulla ricerca pittorica e la utopia edenica di Cesare Piscopo”;
molto coinvolgente e sentita quella di Maria Rosaria Pascali “Cesare Piscopo: ad
pingendum vocatus”. Sono rimasta sinceramente colpita nel leggere le parole
della dott.ssa Pascali e le faccio i miei più sinceri complimenti per le sue doti espressive, che non partono
dalla penna, ma dai meandri del cuore.
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