lunedì 7 aprile 2014

ENZO PETRINI. Come leggere per comprendere



In passato il problema della lettura è stato considerato a lungo un problema d’élite: i più si accontentavano di conoscenze elementari e rimanevano come Renzo Tramaglino che sapeva leggere un poco che però non era abbastanza, mentre i meno per l’educazione che ricevevano e l’ambiente in cui vivevano finivano per considerare la lettura una scelta, una elevazione, una conquista personale con l’aiuto di accurati itinerari scolastici e durante quell’otium (o tempo libero) dilettevole e ricreativo che veniva distinto e contrapposto rispetto al negotium (occupazione) della politica, degli affari, dell’amministrare terre e del combattere. Anche persone che non erano addette ai lavori in modo professionale diventavano, per hobby si direbbe oggi, per curiosità e passione di ricerca veri “topi di biblioteca”, scopritori e collezionisti eruditi, custodi gelosi di qualunque scritto autografo o stampato.
Il leggere era un impegno meditativo, col fine di un godimento estetico o di una elevazione contemplativa, oppure anche di semplice trattenimento ricreativo come avveniva nelle letture familiari e nelle veglie invernali contadine nelle stalle, dove un lettore-dicitore, un lettore-narratore muoveva davanti all’immagine dei piccoli i personaggi di fiabe e novelle e dava agli adulti avventure di cavalieri, storie d’amore e di miracoli.
L’informazione corrente rimaneva quasi soltanto orale, le notizie che non diffondevano i banditori accompagnandole con squilli di tromba e rulli di tamburo, giungevano da mercanti e viaggiatori, arrivavano di tanto in tanto come le fiere e i mercati. I libri rimanevano pochi e invecchiavano lentamente: non aveva importanza il tempo impiegato a leggere, a rileggere, quasi centellinando fino a ritenere il testo a memoria. C’era chi leggeva il Tasso, e ancora il Tasso e sempre il Tasso per tutta la vita.
Oggi invece le situazioni sono cambiate, ha preso il sopravvento l’informazione e in notevole maggioranza i materiali di lettura sono diventati un genere di consumo individuale. Albi a fumetti, fotoracconti, gialli sono passatempi comprati con la stessa indifferenza con cui si acquista un pacchetto di sigarette. Anche i quotidiani, i romanzi d’autori alla moda quando sono stati guardati, o sfogliati, o scorsi, hanno fatto il loro servizio, sono stati consumati, e si può dimenticarsene, lasciarli sul sedile di un treno o di un’autobus, buttarli nel cestino dei rifiuti. Chi li ha “consumati”, ci abbia trovato soddisfazione oppure no, non ha da riferire, da riassumere, da confrontare: ha usato qualche cosa che può ritrovare e riavere quando ne abbia voglia, con poca spesa e nessuna fatica, senza curarsi spesso di conoscere di più sull’autore che ha scritto e di ricordare il nome del disegnatore che ha illustrato, fidandosi nella scelta del richiamo che gli viene dalla copertina.
Altri libri però impongono di per sé un senso di rispetto, un atteggiamento conservativo, fanno ancora una certa soggezione, se non altro perché richiedono un maggior impegno, e non vengono buttati via, anzi di tanto in tanto vengono ripresi, riletti, più precisamente intesi. Ogni libro ha un suo itinerario: o siamo capaci di percorrerlo insieme con chi l’ha scritto e con chi l’ha illustrato, oppure perdiamo la ruota, ci attardiamo, abbandoniamo senza profittare quanto sarebbe possibile con soddisfazione e con piacere.
Sono evidentemente diversi i gradi del “saper leggere”, dapprima elementare abilità strumentale, poi abilità esperta di momenti e materiali di lettura diversi di progressiva difficoltà d’incontro e infine una vera e propria arte del leggere che ciascuno può affinare via via.
Per  imparare quest’arte “si è sempre consigliato, da che mondo è mondo, ed esistono i libri, a leggere piano, e, se occorre, a rileggere, sempre, fino all’ultima pagina, adagio, lentissimamente…
“Vi sono dei libri, tuttavia, - diceva Renzo Frattarolo – che non possono essere letti adagio, o che non sopportano una lenta lettura, ma son quelli che non bisognerebbe leggere affatto. Primo beneficio della lettura lenta è che essa sa perfettamente distinguere tra il libro da leggere e quello che è scritto per non essere mai letto – Leggere, dunque, non ci si stanchi di insistere, senza fretta, con meditazione. E’ un principio essenziale”.
Tuttavia, dopo recenti studi sui movimenti oculari e sulla psicologia dell’apprendimento, viene il dubbio che leggere lentamente non sia sufficiente per una buona comprensione; altri fattori influiscono sulla riuscita e la produttività nella lettura. L’idea che la velocità porti necessariamente all’inesattezza e che i lettori lenti siano i migliori pare ormai da abbandonare, anche perché non è facile tenere due diversi ritmi di lettura, una per le opere letterarie e scientifiche l’altra per opuscoli informativi, riviste, giornali.
Inoltre non sono proprio ben segnati i confini tra opere da “leggere lentamente”, perché collocate nelle alte latitudini del pensiero o dell’arte ed opere da consumar rapidamente. MacLuhan ci ricorda che tutti i classici all’origine erano dei passatempi: “il compito educativo non è soltanto quello di fornire i mezzi fondamentali per comprendere, ma anche di sviluppare con la comune esperienza sociale la capacità di distinguere e di giudicare”. Inoltre coordinare e distinguere le notizie quotidiane è segno di educazione. E’ errato supporre che ci sia una differenza fondamentale tra educazione e passatempo, anche perché qualunque cosa dia diletto, ha un’efficacia educativa molto maggiore.
Leggere per obbligo, scolastico o professionale, non è quasi mai divertente, e non di rado i libri vengono così in uggia che finito il compito o il lavoro si mettono da una parte e non si prendono più in mano.
Ci sono però anche le eccezioni: insegnanti e bibliotecari che fanno scattare le molle dell’interesse, del diletto, della curiosità, del gusto e allora la lettura va ad occupare uno spazio notevole anche del tempo libero di una persona.
Comunque, leggere impegna sempre, per apprendere e per gustare, l’attenzione, la riflessione, la memoria, per richiamo e confronto di diverse letture, l’abituale esercizio, accompagnato quando la lettura è anche studio e ricerca da osservazioni e annotazioni.
Regola fondamentale in ogni caso è prendere un libro con un atteggiamento di attesa, con un impegno di scoperta, con la volontà di trovare un contatto con qualunque testo di poesia o di prosa, di scienza o di divulgazione ci si trovi dinanzi.
Ogni scritto, ma in particolare un libro, è come una miniera da esplorare, come uno spartito da tradurre in suoni, come una ideografia da sviluppare in immagini, da raccogliere in idee.
Questo è appunto il verbo da usare: raccogliere, scegliere nella comunicazione di alto valore o di comune discorso che una pagina ha in sé, cercare il messaggio sublime o semplice che ogni libro può custodire.
A ciò si giunge con l’abitudine della lettura e con un atteggiamento critico, anche quando si legge per passatempo. Gran parte delle esperienze che un singolo uomo non può fare direttamente è permessa dai libri: a saperli leggere è come se quelle esperienze siano vissute: la persona si arricchisce, la dimensione culturale si allarga. Una lettura, un libro è una proposta: si tratta di accettarla o respingerla, ma per poterlo fare bisogna prima comprenderla, parteciparla, farla nostra.

Enzo Petrini