Le ricerche ultime di Cesare Piscopo evidenziano
l’abbandono senza rimpianti del figurativo e l’avvio di un modo
segnico-informale e coloristico assolutamente aniconico sollecitato da culture
filosofiche orientali a cui l’artista ha rivolto la sua attenzione.
Nei lavori Piscopo rivela una forte spinta espressiva
che sulle carte inchiostrate si fa carica di stati emozionali evocati in un
naturale ordine della casualità mediante procedure definite “psico-grafico-meccaniche”.
Agli schizzi e alle stesure con carte intrise di colore che si espandono, in
una struttura rarefatta sullo spazio bianco del supporto cartaceo, si
sovrappongono i rivoli che sgocciolano verso i limiti del foglio senza seguire
orientamenti prevedibili.
I gesti creativi appaiono sotto tratti amorfi,
monocromati e questi sono dettati dal flusso d’ispirazioni che attraversano la
mente dell’artista, che li scova dai suoi stati d’animo più profondi,
indescrivibili nei linguaggi comuni. A questi segni si uniscono altri più
piccoli che s’integrano con armonia, ricercando lo spazio da occupare, il vuoto
da riempire, portando a trasformazioni radicali il niente, il nulla, sino all’assunzione
di valori significativamente estetici.
Tra le intenzioni concettuali di Cesare Piscopo
vi è quella di trarre dalle inerte materie, carte e inchiostri, una vitalità, la
propria vitalità, caratterizzata da una energia tutt’altro che smisurata e che
alle volta lo porta a indugiare su registri sereni, su ritmi pacati, quasi
fossero scritture d’intensa suggestione lirica, realizzando opere che, come
osserva Marina Pizzarelli, “si presentano essenziali, pervase da una leggerezza
che talvolta fa pensare al sogno, al silenzio, talaltra propone una resa visiva
di armonie, cadenze e contrappunti di tipo musicale”.
In queste composizioni si percepisce un universo
che annega nelle macchie d’inchiostro, scandite dal gesto tra le infinite
libertà possibili; e i pigmenti di colore, dagli arancione ai blu oltremarino,
dai rosa ai marrone, dai verdi ai violetti sino ai neri, buchi dell’oltre, si
assestano sul bianco e si confrontano in un muto dialogo dei toni, una
potenziale categoria linguistica.
Certi elementi di doppie spirali isolate,
virtualmente dinamiche e quei tratti multipli, arcani formalizzati in
particolari gestuali-cromatici, nascono con spontanea immediatezza nella
manualità di Cesare Piscopo, che li propone quali comunicazioni recondite di
pensieri tra lui e gli altri esseri umani.
Massimo Guastella, (tratto da Scritti d’arte Jonico-Salentina – testimonianze su trenta artisti contemporanei, 1992-1998; Filo Editore)
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