giovedì 12 gennaio 2012

Francesco Fersini. Il paesaggio marino di Cesare Piscopo





Cesare Piscopo, parabitano, è una figura di un certo spessore artistico, poiché oltre a essere pittore, già apprezzato a suo tempo dal grande artista austriaco Oskar Kokoschka, è anche scultore, poeta e già docente di Educazione artistica. Ha pubblicato Fili d’erba (1996), Dal profondo Sud (1998), Il mare dell’amore (2006), Messaggi dal mare (2007), e recentemente l’antologia Sotto le silenziose nuvole un mare di pensieri. Dal 1963 espone con successo in varie mostre e le sue opere sono esposte in collezioni pubbliche e private, in Italia e all’estero.


Dopo un’attenta ricerca sull’astratto, Cesare Piscopo è passato alla figura umana analizzata nelle sue forme espressive, per poi approdare allo studio del paesaggio. La sua attenzione ora si concentra sul mare. Non a caso, vari titoli di sue opere sono un costante richiamo a questo elemento paesaggistico. Penso al Canto notturno del mare; Il mare di Vincent; Mare in tempesta; Movimento di vita; Altomare; Mare d’inverno; Natura la tua bellezza ci commuove; Oltremare; Il cielo e il mare di Leuca. Perché proprio il mare? Piscopo lo spiega molto bene. Il mare è sinonimo di forza e di energia che penetra ogni forma di vita; è specchio e luogo dell’anima. Il suo è un paesaggio-stato d’animo come allude in una sua poesia…Tutto tace mentre ascolto il mare e i chiassosi tumulti del mio cuore…In un’altra della raccolta Messaggi dal mare esalta i colori che sono come il mare, ti accarezzano, ti sconvolgono si sciolgono in luce, un mare di luce.
Osservando queste sue opere, l’osservatore sembra quasi essere travolto dal  turbinio dei flutti e la stessa pennellata, a tratti materica e virulenta riesce a trasmettere una intensa carica emotiva. La forza del colore è tale che esso stesso sembra trasformarsi in acqua, diventa insomma una sorta di metaplasma, come è stato definito da Cesare Padovani.
Il paesaggio marino di Cesare Piscopo, realizzato come fosse un ritaglio, non è certamente reale, ma interiorizzato, reinventato e rivissuto liricamente. E’un paesaggio quasi visionario e trasfigurato, filtrato attraverso la propria sensibilità, che determina a tratti un linguaggio cromatico tutto particolare. Penso per esempio a quella linea di orizzonte che a volte viene ombreggiata o marcata di nero, quasi  a significare che oltre c’è il vuoto e il nulla. In effetti Piscopo considera la realtà in continuo divenire dove l’essenza del tutto è il vuoto. Con questo mare l’artista entra in simbiosi e opera una fusione, una sorta diremmo quasi di panismo dannunziano; sono significativi i versi di una sua poesia… Seguirò l’istinto. Ti porterò al mare di notte…saremo acqua e roccia e nuvole sovrapposte
Il mare di Piscopo potremmo infine definirlo una sorta di Eden o meglio di felicità naturale dove, per usare un termine montaliano, gli ossi di seppia possono galleggiare felicemente prima di essere sbattuti sulla spiaggia e per citare i versi del Leopardi potremmo veramente dire “…il naufragar m’è dolce in questo mare…”. Qui sta la novità di Cesare Piscopo: la sua sensibilità é romantica, ma viene rivissuta in una prospettiva artistica tutta moderna e originale.

Francesco Fersini (introduzione alla mostra di Cesare Piscopo a Leuca.; Auditorium Chiesa Cristo Re - Luglio 2009).








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