domenica 7 aprile 2013

Cesare Piscopo. Dal profondo Sud





A Gianna

Spesso raggiungi
intuitivamente
la verità

Io ti amo





A Tiziano

Quando ti vedo gesticolare
e ascolto la tua voce
osservo fiducioso
l'accrescimento umano
anche se m'imbarazza
a volte
l'ostentata sicurezza
tracotante spavalderia

Precluso ai miei occhi
il tuo diario dei sogni
è come l’acqua chiara
del mare
in cui sciogliere i nodi
riservati e semplici
della tua giovane età





Ritratto di Lina

Chiaro e sereno lo sguardo
e i gesti sicuri
e la soave voce

Conoscendoti gentile amica
sei il volto gradevole della vita





Barbara

Nella piscina
Barbara gioca con Francesco
suo nipotino

Barbara aspetta un bambino
un bambino suo e la gioia
assapora d’esser mamma
sussurrando dolci parole

Sull’acqua limpida e chiara
tenere foglie d’olivo
proteggono l’attesa nell’ombra




Pace

Quei rami e quelle foglie
che dalla mia finestra
vedo penzolare
non sono mani
non sono foglie

Sono verdi manine
che lo sguardo mio accarezzano




Fluttuazione

Onde increspa il mare
d’infinite forme e di bagliori

Così gli istanti della vita





Realtà

Lontano dal frastuono del mondo
mi sento sereno

Scrivo
ed in me schiarisce
l’ombra passeggera
della solitudine




Solitario

Chiarore
indistinto

Infinita notte

Si piegano alberi urlanti
in oscuro tunnel

Solitario
percorro una strada in salita




Silenzio

Ai tuoi perché
non so dare risposta

Tutto mi sembra
vago e deludente
incerto
orrido quasi

Io non so che dire
del senso
e del significato
e della verità giacente

A volte penso
che ho sognato
questa realtà perdente



Attesa

Ombre in fuga verso il paese

Volti di pietra
plasmati dal sole

Fiori che gridano
il loro dolore




Presenze

Dal mare alla torre
avanza una roccia luogo
di scontri di sbarchi di morti

Dalla torre al mare
spuntano elmi
alabarde bandiere e corpi

Un cupo silenzio
si diffonde nell’aria

I falchi aspettano
sulla nuvola nera



Salento

Olivi verdeggianti nascono dal mare
e le compatte pietre
saldate dal tempo
nutrono il ventre
di antiche lucertole

Ascolto misteriose voci
che scavano caverne
e osservo l’onda
che annega i desideri

Assorto
rimiro il Salento
dalla finestra disegnata dal sole




Vico delle Giravolte

Vico delle Giravolte
isola grigia nel vento
che mischia gli odori
e polvere solleva
negli occhi indagatori
smarriti nel vuoto

Vico delle Giravolte
spazio inquieto
ove parole e gesti
ritmano cadenze
di antichi desideri
d’amore di vita di morte

Vico delle Giravolte
rifugio della speranza
se fra i tragici muri
ancora lampeggia
sui pallidi volti
precaria la vita




Ugento

Controluce s’innalza
la sagoma scura del castello
e della più erta chiesa
che col suo lungo campanile
lambisce l’aereo spazio.

L’antico borgo,
un dì splendente,
regna sui sepolti resti
di una grande civiltà.

Si stringono intorno all’abitato
i vetusti ulivi,
un tempo sacri,
per proteggere il contenuto umano
come poderose mura.

Quindi la vasta pianura,
sul cui fertile terreno
s’addestravano con cura
i valorosi cavalieri messapi.

Dalla supestrada Gallipoli-Leuca,
tra i variopinti oleandri,
avvolta nel mistero,
così appare Ugento.




Gallipoli

Passi leggeri sul ponte

Luci sfumate ondeggiano
barche e figure

Uno sguardo distratto
affonda il castello

Tra poco
uno spettro di luna
calerà sulla scogliera




Un tiepido sole

Sembrava quest’anno
non dovesse giungere
la primavera

Ieri sera
fra gli oscuri tronchi
giocava a nascondino
una fulgente luna

Stamane ha ridato speranza
ad uno stormo di rondini
un tiepido sole





Scirocco

Un canto infinito
evade dal mare
sposando l’umido vento
fra i tremuli aghi dei pini

Scorrono indecise nubi
su piani sovrapposti
di bianco e viola spruzzate

Rapida i colori attenua
una luce smorzata
e l’aria si tinge di tristezza

Così muta il pensiero
e nell’animo mio
improvvise emozioni




Sentiero

Forando le nobili chiome il vento
s’insinua lungo il sentiero

Irradiano luce le ruvide pietre
raccolte con cura e assemblate dall’uomo

Pare la strada seguire le orme
di mille e più creature
intanto lontano
in un punto sfocato
germoglia la vita i suoi caduchi fiori




Impressione

Realtà
è quell’onda che osservo
mobilissima verità sommersa




Notturno

Fra le docili ingannevoli onde
divampa la luna

Nei tuoi occhi si perde
una stella
e l’aria calda della sera
sparge lontano
gli eccitati battiti dei cuori

Né passato
né futuro

Solo il presente saetta
sul mare fluttuante della vita



Trecentosessantacinque giorni e un’alba

Trecentosessantasei albe
sono sufficienti a trasformare
in silenzioso apparire la vita

Come semi sulla terra ricca
ci lasciamo sedurre dal sole

Cresce il mistero
nella quiete buia dell’essere





Nel mio giardino


Vieni nel mio giardino
vedrai orchidee apparire
bianche
farfalle
svanire
e le rose
tante rose
sbandierare colori felici

Nero
il calabrone
sfiorare il tuo spavento
e nugoli d’uccelli chiassosi
sparsi in tribù
sostare sui rami accoglienti

Vedrai
il serpente innocuo
ribellarsi alla morte
che il cane impone
e di notte nascoste
accendersi
lucciole d’amore

Timidamente
calpestando foglie non più verdi
respirerai
e silenziosa accorderai l’anima
con il suono puro del vento




Primavera

II nostri passi mescolati
con i primi fiori di primavera

Respirano i corpi impastati
di terra

Contrappunto di luci ed ombre

Roteano gli sguardi
oltre la teoria dei mandorli in fiore




Estate

Le ragazze cantano
nell’estiva brezza della sera

Un coro giunge dal mare
e nel mare si tuffa
nutrito di gioia




Autunno

E quando tra l’erba
e le foglie dei pini
s’intrecciano i canti, tu,
dolce e mite sera,
nella fresca quiete invernale
cerchi l’umile abbraccio
delle tue infinite creature.



Inverno

E quando fra l'erba
e le foglie dei pini
s'intrecciano i canti, tu,
dolce e mite sera,
nella fresca quiete invernale
cerchi l'umile abbraccio
delle tue infinite creature.



Una barchetta

Ho posato una barchetta di carta
sulla liscia superficie del mare

Aggrappata alle piccole onde
ha cavalcato i raggi del sole

Poi scuotendo col vento più forte
il suo fragile corpo
è scomparsa sul fondo
senza rumore




Don Chisciotte

Povero Chisciotte
ha perso il suo Don
il cuore affranto il cervello malato

Povero Sciotte
ha smarrito il suo Chi
comparendo più magro più curvo più stanco

Povero Te
ha sciupato lo Sciot
pelle e ossa è ormai diventato

Perdendo anche Te
è svanito nel nulla
ed infine mai più ritrovato



Non si apprezza ciò che non si conosce

Un fungo azzurro
è nato

Bello e gradevole
eppure repellente

Angosciante diverso

Meglio ignorarlo
assolutamente




Abbozzo immaginario

Mi riconosco
luna in uno stagno
cielo di nulla

Realizzo sognando
e sogno realizzando

Follia e saggezza indissolubilmente

Fragile presenza

Ancor sogno
forse

Poesia




Per vivere

Vivere
significa anche
accettare in noi
gli opposti
e spegnere il fuoco
delle contraddizioni

Vuol dire far coincidere
in ogni istante
la fine di tutte le cose
con il loro magico inizio










Cesare Piscopo (dalla raccolta: Dal profondo Sud-1998) 
Tutti i diritti riservati






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