In passato il problema della lettura è stato considerato
a lungo un problema d’élite: i più si
accontentavano di conoscenze elementari e rimanevano come Renzo Tramaglino che
sapeva leggere un poco che però non era abbastanza, mentre i meno per
l’educazione che ricevevano e l’ambiente in cui vivevano finivano per
considerare la lettura una scelta, una elevazione, una conquista personale con
l’aiuto di accurati itinerari scolastici e durante quell’otium (o tempo libero) dilettevole e ricreativo che veniva distinto
e contrapposto rispetto al negotium
(occupazione) della politica, degli affari, dell’amministrare terre e del
combattere. Anche persone che non erano addette ai lavori in modo professionale
diventavano, per hobby si direbbe
oggi, per curiosità e passione di ricerca veri “topi di biblioteca”, scopritori
e collezionisti eruditi, custodi gelosi di qualunque scritto autografo o
stampato.
Il leggere era un impegno meditativo, col fine di un
godimento estetico o di una elevazione contemplativa, oppure anche di semplice
trattenimento ricreativo come avveniva nelle letture familiari e nelle veglie
invernali contadine nelle stalle, dove un lettore-dicitore, un lettore-narratore
muoveva davanti all’immagine dei piccoli i personaggi di fiabe e novelle e dava
agli adulti avventure di cavalieri, storie d’amore e di miracoli.
L’informazione corrente rimaneva quasi soltanto orale, le
notizie che non diffondevano i banditori accompagnandole con squilli di tromba
e rulli di tamburo, giungevano da mercanti e viaggiatori, arrivavano di tanto
in tanto come le fiere e i mercati. I libri rimanevano pochi e invecchiavano
lentamente: non aveva importanza il tempo impiegato a leggere, a rileggere,
quasi centellinando fino a ritenere il testo a memoria. C’era chi leggeva il Tasso,
e ancora il Tasso e sempre il Tasso per tutta la vita.
Oggi invece le situazioni sono cambiate, ha preso il sopravvento
l’informazione e in notevole maggioranza i materiali di lettura sono diventati
un genere di consumo individuale. Albi a fumetti, fotoracconti, gialli sono
passatempi comprati con la stessa indifferenza con cui si acquista un pacchetto
di sigarette. Anche i quotidiani, i romanzi d’autori alla moda quando sono
stati guardati, o sfogliati, o scorsi, hanno fatto il loro servizio, sono stati consumati, e si può
dimenticarsene, lasciarli sul sedile di un treno o di un’autobus, buttarli nel
cestino dei rifiuti. Chi li ha “consumati”, ci abbia trovato soddisfazione
oppure no, non ha da riferire, da riassumere, da confrontare: ha usato qualche
cosa che può ritrovare e riavere quando ne abbia voglia, con poca spesa e
nessuna fatica, senza curarsi spesso di conoscere di più sull’autore che ha
scritto e di ricordare il nome del disegnatore che ha illustrato, fidandosi
nella scelta del richiamo che gli viene dalla copertina.
Altri libri però impongono di per sé un senso di
rispetto, un atteggiamento conservativo, fanno ancora una certa soggezione, se
non altro perché richiedono un maggior impegno, e non vengono buttati via, anzi
di tanto in tanto vengono ripresi, riletti, più precisamente intesi. Ogni libro
ha un suo itinerario: o siamo capaci di percorrerlo insieme con chi l’ha
scritto e con chi l’ha illustrato, oppure perdiamo la ruota, ci attardiamo,
abbandoniamo senza profittare quanto sarebbe possibile con soddisfazione e con
piacere.
Sono evidentemente diversi i gradi del “saper leggere”,
dapprima elementare abilità strumentale, poi abilità esperta di momenti e materiali
di lettura diversi di progressiva difficoltà d’incontro e infine una vera e
propria arte del leggere che ciascuno può affinare via via.
Per imparare quest’arte
“si è sempre consigliato, da che mondo è mondo, ed esistono i libri, a leggere
piano, e, se occorre, a rileggere, sempre, fino all’ultima pagina, adagio,
lentissimamente…
“Vi sono dei libri, tuttavia, - diceva Renzo Frattarolo –
che non possono essere letti adagio, o che non sopportano una lenta lettura, ma
son quelli che non bisognerebbe leggere affatto. Primo beneficio della lettura
lenta è che essa sa perfettamente distinguere tra il libro da leggere e quello
che è scritto per non essere mai letto – Leggere, dunque, non ci si stanchi di
insistere, senza fretta, con meditazione. E’ un principio essenziale”.
Tuttavia, dopo recenti studi sui movimenti oculari e
sulla psicologia dell’apprendimento, viene il dubbio che leggere lentamente non
sia sufficiente per una buona comprensione; altri fattori influiscono sulla
riuscita e la produttività nella lettura. L’idea che la velocità porti
necessariamente all’inesattezza e che i lettori lenti siano i migliori pare
ormai da abbandonare, anche perché non è facile tenere due diversi ritmi di
lettura, una per le opere letterarie e scientifiche l’altra per opuscoli
informativi, riviste, giornali.
Inoltre non sono proprio ben segnati i confini tra opere
da “leggere lentamente”, perché collocate nelle alte latitudini del pensiero o
dell’arte ed opere da consumar rapidamente. MacLuhan ci ricorda che tutti i
classici all’origine erano dei passatempi: “il compito educativo non è soltanto
quello di fornire i mezzi fondamentali per comprendere, ma anche di sviluppare
con la comune esperienza sociale la capacità di distinguere e di giudicare”.
Inoltre coordinare e distinguere le notizie quotidiane è segno di educazione. E’
errato supporre che ci sia una differenza fondamentale tra educazione e
passatempo, anche perché qualunque cosa dia diletto, ha un’efficacia educativa
molto maggiore.
Leggere per obbligo, scolastico o professionale, non è
quasi mai divertente, e non di rado i libri vengono così in uggia che finito il
compito o il lavoro si mettono da una parte e non si prendono più in mano.
Ci sono però anche le eccezioni: insegnanti e
bibliotecari che fanno scattare le molle dell’interesse, del diletto, della
curiosità, del gusto e allora la lettura va ad occupare uno spazio notevole
anche del tempo libero di una persona.
Comunque, leggere impegna sempre, per apprendere e per
gustare, l’attenzione, la riflessione, la memoria, per richiamo e confronto di diverse letture, l’abituale esercizio, accompagnato quando la
lettura è anche studio e ricerca da osservazioni
e annotazioni.
Regola fondamentale in ogni caso è prendere un libro con
un atteggiamento di attesa, con un impegno di scoperta, con la volontà di
trovare un contatto con qualunque testo di poesia o di prosa, di scienza o di
divulgazione ci si trovi dinanzi.
Ogni scritto, ma in particolare un libro, è come una
miniera da esplorare, come uno spartito da tradurre in suoni, come una
ideografia da sviluppare in immagini, da raccogliere in idee.
Questo è appunto il verbo da usare: raccogliere, scegliere
nella comunicazione di alto valore o di comune discorso che una pagina ha in
sé, cercare il messaggio sublime o semplice che ogni libro può custodire.
A ciò si giunge con l’abitudine della lettura e con un
atteggiamento critico, anche quando si legge per passatempo. Gran parte delle
esperienze che un singolo uomo non può fare direttamente è permessa dai libri:
a saperli leggere è come se quelle esperienze siano vissute: la persona si
arricchisce, la dimensione culturale si allarga. Una lettura, un libro è una
proposta: si tratta di accettarla o respingerla, ma per poterlo fare bisogna
prima comprenderla, parteciparla, farla nostra.
Enzo
Petrini